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giovedì 31 luglio 2008

Le democrazie e il Lodo Orwell



Ehud Olmert, sospettato di corruzione
e per questo al centro di diverse inchieste di polizia, ha detto questa sera a Gerusalemme che si dimetterà da primo ministro israeliano una volta scelto il suo successore. Il premier ha annunciato la sua decisione nel corso di un breve discorso televisivo nel quale ha elencato l'opera positiva svolta dal suo governo in diversi campi e si è detto "orgoglioso di essere cittadino di un paese in cui anche un primo ministro può essere indagato dalla polizia come un semplice cittadino".

Esercizio importante: trovare la differenza con le dichiarazioni (e i fatti) dell'altro primo ministro che si è appena fatto approvare il
"Lodo Orwell" (come lo chiama Antonio Tabucchi) per sfuggire alla sentenza nei 4 (quattro) processi su di lui pendenti.

E' la differenza che passa tra una democrazia e una dittatura.

La strana malattia del Dottor Morte

dal sito www.19luglio1992.com

Come ha insegnato il medoto Previti-Dell'Utri: tirare alle lunghe il processo, perchè: la prescrizione è una garanzia, le carte possono perdersi o prendere fuoco, i testimoni ed i giudici possono morire. Inoltre se si è avanti con l'età il tirarla alla lunghe garantisce poi di denunciare un "accanimento" contro un povero anziano!
Se vieni comunque condannato e scatta la detenzione in carcere (anche per gravissimi reati, naturalmente e soprattutto!) iniziare uno sciopero della fame ad oltranza, affermando che il cibo non è compatibile con la vostra dieta...
Una volta che state male, il vostro legale e familiari, possibilmente con giornalisti e politici (questi sono sempre disponibili davanti alle "colpe" dei giudici che condannano), lancino appelli alla grazia per ragioni umanitarie. Si punti soprattutto su: non si può far morire un uomo in carcere, così anche per chi è condannato all'ergastolo si possono aprire le porte della libertà, lo ha detto anche un Ministro della Giustizia - con sua moglie - "Non si può vedere morire qualcuno in carcere!".
Se non dovesse funzionare, magari perché cade il Governo con il Ministro della Giustizia "più vicino ai detenuti che ai magistrati", insistete, non datevi per vinti e puntate su un fatto: le carceri sono sovraffollate e soprattutto insistere che il detenuto sta molto male (naturalmente omettere di dire che si rifiuta di mangiare).

Tenta una, due, tre volte, si passi a chiedere non più la "grazia" ma il diritto all'eutanasia. Qui attenzione, deve essere una proposta mordi e fuggi, non sia mai che dovesse venire accolta. Ed intanto si chieda la revisione del processo, con ricusazione anticipata dei giudici.
Quando questi rigetteranno la richiesta di revisione e la Cassazione conferma, urlate al complotto delle toghe politicizzate (rosse o nere, a seconda del caso), accusate la magistratura di essere politicizzata, e poi potete sempre ricordare che voi avevate anticapatamente presentato "ricusazione" dei giudici. Se non siete il Presidente del Consiglio, della Repubblica, del Senato o della Camera, non vi preoccupate... troverete la loro solidarietà anche se non possono applicare al vostro caso il "lodo" (ma c'è sempre speranza!)

Intanto procedete una volta alla settimana a richiedere al Tribunale di Sorveglianza il deferimento della pena per ragioni di salute. Ad ogni scarcerazione e trasferimento in Ospedale denunciate pubblicamente il complotto dei "medici" (e la certa manomissione delle attrezzature utilizzate per le analisi) che dichiarano che non ci siano pericoli di vita e che non vi è incompatibilità con la detenzione carceraria.

Andate avanti così, prima o poi qualcuno ci cade....

domenica 27 luglio 2008

Luglio 1992 - Luglio 2008: la chiusura del cerchio.


Come ogni anno, è stato ricordato con falsi salamelecchi pubblici l'anniversario della strage di via D'Amelio, in cui persero la vita Paolo Borsellino e i cinque agenti della scorta.

Al di là delle manifestazioni di facciata, però, quest'anno c'è stata un po' di sostanza in più.
Innanzi tutto, il CSM (sì, proprio quell'organo presieduto da Morfeo Napolitano che non ha ancora finito di mettere in croce De Magistris e Forleo) ha nominato Alberto Di Pisa procuratore della repubblica di Marsala, proprio nella carica che fu di Borsellino. Alberto Di Pisa è accusato di essere il "corvo" che agli inizi degli anni '90 tentò con lettere anonime di delegittimare il pool antimafia, e rilasciò dichiarazioni vergognose contro i colleghi magistrati di Palermo, che poi fecero la fine che fecero.Tanto per chiudere il cerchio.

Poi, per completare le celebrazioni dell'anniversario, è stato scarcerato Bruno Contrada (per motivi di salute). Contrada è uno dei pochi pezzi dello Stato in galera per le connessioni riconosciute con Cosa Nostra. Leggiamo in proposito Salvatore Borsellino, fratello di Paolo:

"Pochi minuti fa mi è arrivata la notizia della scarcerazione di Contrada, sotto la forma di arresti domiciliari per motivi di salute.
Non posso accettarla, il mio animo si rivolta, il constatare che agli assassini di mio fratello non è bastato ucciderlo ma che stanno anche completando l'opera mi ripugna, mi sconvolge.
Ho voglia di farmi giustizia con le mie mani dato che la Giustizia in questo nostro sciagurato paese non esiste più.
Paolo considerava Contrada un assassino e lo stesso lo considero io e per gli assassini non ci può essere ne perdono ne pietà.
Non è una mia idea, Paolo disse più di una volta ai suoi familiari parlando di Contrada "solo a fare il nome di quell'uomo si può morire".
Contrada era in carcere, il solo finora a pagare per quei pezzi deviati dello Stato che con la criminalità mafiosa hanno trattato e per portare avanti questa trattativa hanno fatto uccidere Paolo Borsellino e con lui tutta la sua scorta, ragazzi mandati a morire senza nessuna difesa ne possibilità di salvezza da chi sapeva che il carico di tritolo, anzi di Semtex, l'esplosivo usato per le stragi di Stato, era già stato depositato in Via D'Amelio.
Contrada era un simbolo, il simbolo di una Giustizia che qualche volta, solo qualche volta, riesce ad inchiodare i colpevoli.
Adesso quelli che lui ha servito e che sono rimasti fuori dalla galera, che non sono mai stati finora indagati perchè i pochi giudici che hanno tentato di farlo sono stati subito ridotti al silenzio, come ha detto l'altro giorno il giudice Scarpinato al Palazzo Steri di Palermo, sono riusciti a tirarlo fuori come gli avevano promesso per evitare che potesse parlare e trascinare in galera anche loro.
Avrei potuto accettare che finisse i suoi miseri giorni a casa sua, se anche gli altri avessero pagato, se fossero partite quelle indagini che non andranno mai avanti sui mandanti occulti della strage, su quelli che non si possono chiamare "mandanti esterni" perchè sono "interni" allo Stato ed alla stessa magistratura.
Ma, come disse Sciascia, "lo stato non può processare se stesso" e quello che c'era scritto sull'Agenda Rossa di Paolo permette di tenere in piedi una rete di ricatti che consente di mettere tutte le pedine al posto giusto, di manovrare i pezzi necessari, ed arrivare alla fine della partita.
Se venissero portate a rermine le indagini sulle telefonate partite dal centro del Sisde sul Castello Utveggio, Contrada ed tanti altri insieme a lui potrebbero andare in carcere non per concorso esterno in associazione mafiosa ma per concorso in strage e forse sarebbe allora più difficile tirarli fuori dal carcere, sarebbe più difficile concedere anche a loro l'immunità come per le alte cariche dello Stato, se ne potrebbe salvare uno ma non tutti.
Ho eliminato dal mio vocabolario due parole, la speranza ma anche la disillusione, lo scoraggiamento.
Ce ne sono rimaste solo due la parola rabbia e la parola lotta e a gridare la mia rabbia e a lottare continuerò finche avrò voce, finchè avrò vita.
"

Dialogo sì, no, ma anche...

venerdì 18 luglio 2008

Il tragico governo del Padrone

da La Stampa di oggi:

Decurtato lo stipendio ai lavoratori che si ammalano, multe salatissime a quelli che muoiono. (Jena)

lunedì 14 luglio 2008

Esercizio di logica

Ieri un sondaggio di Mannheimer sul Corriere della Sera ha rivelato che il 48% degli elettori del PD sono d'accordo con Di Pietro e la manifestazione di Piazza Navona, mentre il 39% - sempre degli elettori del PD - sono d'accordo con Veltroni che l'ha bocciata.

Un anno fa, alle primarie per la leadership del PD venne escluso Di Pietro, che pure aveva presentato regolare domanda.

A un anno di distanza, c'è ancora qualcuno che si chiede il perché?


venerdì 11 luglio 2008

Oportet ut scandala eveniant

Vanna Lora, docente di storia e sapiente di molto altro, mi onora con questo articolo per il blog. Lo potete trovare anche su www.19luglio1992.com. Da leggere più volte! A.

"Oportet ut scandala eveniant.
Barbara Spinelli ha aderito alla manifestazione di Piazza Navona scrivendo: “È urgente che esista la pietra dello scandalo.
È urgente che un risveglio avvenga, anche se di pochi, perché la narcosi delle menti, del linguaggio, della visione, delle memorie è vasta e progredisce.”

E lo scandalo è avvenuto. Ma non quello che si augurava Spinelli, né quello che si auguravano gli 80 mila (o 100 mila) partecipanti alla manifestazione.
Lo scandalo denunciato sul palco da Paolo Flores D’Arcais, Francesco Pardi, Antonio Di Pietro, Moni Ovadia, Marco Travaglio e gli altri di cui avrete ascoltato le parole accalorate e indignate, dalla piazza o dal web o dalle tv collegate: lo scandalo di un Berlusconi “rivoluzionario”, come l’ha definito Ezio Mauro, direttore di Repubblica. Rivoluzionario perché estraneo alla democrazia, alla divisione dei poteri, al controllo di legalità, rivoluzionario perché si pone come un principe rinascimentale, legibus solutus, tiene in ostaggio il Parlamento perché si occupi esclusivamente dei suoi problemi giudiziari e ricatta l’opposizione, prima blandendola e poi azzannandola. Alla maniera di un estorsore mafioso, come ha ben osservato Marco Travaglio.

No, lo scandalo che tutta la stampa allineata (con la lodevole eccezione de Il Manifesto di ieri) ha denunciato è quello nato dalle parole di un comico e di un’attrice satirica.
In ombra, dimenticato, tutto quel che si consuma al governo contro la Costituzione e lo Stato di diritto.
Non se ne parla, né ieri né oggi. Non sta succedendo nulla, tranne l’offesa supposta ad una ministra di dubbi meriti e, si scrive, al Capo dello Stato e al Papa.

Io c’ero, in quella piazza. La satira non mi offende, mi diverte. Il capo dello Stato si può criticare: anch’io ho nostalgia di Scalfaro, che è stato un Padre Costituente e così lo ricordiamo oggi: più per la difesa intransigente della Costituzione che per la sua militanza politica.
Si può dire che preferiremmo che il Presidente della Repubblica non firmasse una legge che 100 costituzionalisti hanno denunciato come contraria alla Carta? Certo che si può: lo garantisce l’articolo21 della Costituzione.
Si può far satira sul Papa? Basta collegarsi ad un canale satellitare spagnolo e vedrete se si può, in uno dei Paesi più cattolici del mondo.
Queste sono sciocchezze, ipocrisie, scandalo da educande. Montate ad arte per non costringersi a vedere l’immonda oscenità che ci sta ammorbando tutti. Per non vedere, per non resistere, per arrendersi meglio. Per farsi fottere con la vaselina, se si consente anche a me un po’ di volgarità, nel Paese dove tv commerciale e affari di Stato si mescolano con spudoratezza esibita.

Si può dire che l’opposizione si è opposta così poco da regalarci il terzo governo Berlusconi? Si può, si deve dire, nel Paese dove chi perde le elezioni non si dimette mai e dove gli stessi personaggi che trattarono Berlusconi da neo-costituente son tutti ancora lì e non si son nemmeno ravveduti.

La stampa allineata ieri fingeva di scandalizzarsi per Sabina Guzzanti e oggi, trovato l’ago nel pagliaio, l’ago che si voleva trovare ad ogni costo, rivela l’intenzione già maturata prima della manifestazione e contro centinaia di migliaia di persone. Lo fa dalle pagine di un giornale semiclandestino, che nessuno legge: Europa. Che rovescia l’urlo di Moretti del 2002 addosso al palco e addosso alle persone, PERSONE, andate lì ad esprimere il loro allarme, la loro indignazione e l’amore per una democrazia ridotta al pasto del Caimano. “Con questa gente non vinceremo mai”. “Gente”, capito? Folla, anonimi, signori nessuno. E ancora: “con questi elettori non vinceremo mai”. Ostracismo e anatema non solo nei confronti degli oratori, ma anche dei cittadini elettori. La soluzione sarebbe forse privare della libertà di parola gli oratori e del diritto di voto gli elettori? Che sogno! La Santa Inquisizione e le purghe staliniste in un colpo solo. Il dissidente come eretico, dagli all’untore, sono loro i colpevoli. I Giellisti delXXI secolo. Ricordate i Rosselli? E quanto tempo c’è voluto per stabilire la verità sul loro assassinio? C’è mancato poco che se ne parlasse come di un suicidio. Per molto tempo si scrisse di una vendetta tra “rossi”. Ma la verità era un’altra.
Qui, oggi, l’osceno è a Palazzo Chigi, non in Piazza Navona.
E tornano, quelli che già trattarono i girotondi con disprezzo. Ma perché? Si chiedeva l’altra settimana la Spinelli. Che cosa avevano mai fatto di terribile, se non tenere alta l’attenzione su quel che stava accadendo?
Si vede che i cittadini che hanno a cuore la democrazia disturbano i manovratori e quelli che si fanno manovrare.
“Vis grata puellae”. Pare che gradiscano.
Un suggerimento è rivolto anche a L’Unità: fuori Travaglio e quelli come lui. Detto dall’autorevole (?) Europa è un monito che spaventa.
Un cadavere che vorrebbe dettar la linea ad un giornale di cui invidia il successo e le firme.
E last but not least, oggi D’Alema detta la sua dottrina a…un giornale di sinistra? Nossignori, al Foglio, di proprietà della (seconda) signora Berlusconi.
E’ la ciliegina sulla torta. Anzi, la goccia d’assenzio finale."

Piazza Navona: testimonianza oculare

Un'amica che ringrazio era a Piazza Navona martedì, e ci ha inviato le sue impressioni sulla manifestazione. Guarda il caso, non coincidono con la vulgata dei massmedia italici.


"Impressioni? Sicuramente diverse da quelle che ho sentito ai telegiornali ieri sera, perché - a parte la Guzzanti che è andata giù pesante contro il Vaticano - non mi sembra di aver sentito nessuna accusata infamante contro il Capo della Repubblica (...Morfeo..? mi sembra un appellativo innocuo) e la Carfagna (che si commenta da sola). Piuttosto, le critiche sono state distribuite, in maniera piuttosto equa, sia all'attuale Governo che all'opposizione (..io nemmeno più li definisco destra e sinistra).

Ho apprezzato molto Camilleri (mi ha ricordato i sonetti di Belli) e la Borsellino (come saprai, li puoi ascoltare dal sito di MicroMega).... a Di Pietro è bastato leggere la relazione che accompagna il provvedimento salva Premier&CO ("serve a garantire serenità alle più alte cariche dello Stato") per farmi accapponare la pelle... eppure non riesco a capire come la maggioranza degli italiani non reagisca, forse semplicemente perchè tutti, al suo posto, farebbero lo stesso...E quindi, il mio sconforto cresce...

giovedì 10 luglio 2008

Quel che non si può dire su Piazza Navona

Lettera aperta di Marco Travaglio a l'Unità

Caro Direttore,
quando tutta la stampa (Unità compresa), tutte le tv e persino alcuni protagonisti dicono la stessa cosa, e cioè che l’altroieri in Piazza Navona due comici (Beppe Grillo e Sabina Guzzanti) e un giornalista (il sottoscritto) avrebbero “insultato” e addirittura “vilipeso” il capo dello Stato italiano e quello vaticano, la prima reazione è inevitabile: mi sono perso qualcosa? Mi sono distratto e non ho sentito alcune cose - le più gravi - dette da Beppe, da Sabina e da me stesso? Poi ho controllato direttamente sui video, tutti disponibili su You Tube e sui siti di vari giornali, ma non vi ho ritrovato ciò che è stato scritto e detto da tv e giornali.

Nessuno ha insultato né vilipeso Giorgio Napolitano né Benedetto XVI. Nessuno ha “rovinato una bella piazza”. È stata, come tu hai potuto constatare de visu, una manifestazione di grande successo, sia per la folla, sia per la qualità degli interventi (escluso ovviamente il mio). Per la prima volta si sono fuse in una cinque piazze che finora si erano soltanto sfiorate: quella di Di Pietro, quella di molti elettori del Pd, quella della sinistra cosiddetta radicale, quella dei girotondi e quella dei grillini, non sempre sovrapponibili. E un minimo di rigetto era da mettere in conto. Ma è stata una bella piazza plurale, sia sotto che sopra il palco: idee, linguaggi, culture, sensibilità, mestieri diversi, uniti da un solo obiettivo. Cacciare il Caimano. Le prese di distanze e i distinguo interni, per non parlare delle polemiche esterne, sono un prodotto autoreferenziale del Palazzo (chi fa politica deve tener conto degli alleati, delle opportunità, degli elettori, di cui per fortuna gli artisti e i giornalisti, essendo “impolitici”, possono tranquillamente infischiarsi). La gente invece ha applaudito Grillo e Sabina come Colombo (anche quando ha chiesto consensi per Napolitano), Di Pietro, Flores e gli altri oratori, ma anche i politici delle più varie provenienze venuti a manifestare silenziosamente. Applausi contraddittorii, visto che gli applauditi dicevano cose diverse? Non credo proprio. Era chiaro a tutti che il bersaglio era il regime berlusconiano con le sue leggi canaglia, compresi ovviamente quanti non gli si oppongono.

Come mai allora questa percezione non è emersa, nemmeno nei commenti delle persone più vicine, come per esempio te e Furio? Io temo che viviamo tutti nel Truman Show inaugurato 15 anni fa da Al Tappone, che ci ha imposto paletti (anche mentali) sempre più assurdi e ci ha costretti, senza nemmeno rendercene conto, a rinunciare ogni giorno a un pezzettino della nostra libertà. Per cui oggi troviamo eccessivo, o addirittura intollerabile, ciò che qualche anno fa era normale e lo è tuttora nel resto del mondo libero (dove tra l’altro, a parte lo Zimbabwe, non c’è nulla di simile al governo Al Tappone). In Italia l’elenco delle cose che non si possono dire si allunga di giorno in giorno. Negli Stati Uniti, qualche anno fa, uscì senz’alcuno scandalo un libro di Michael Moore dal titolo «Stupid White Man» (pubblicato in Italia da Mondadori...), tutto dedicato alle non eccelse qualità intellettive del presidente Bush. Da dieci anni l’ex presidente Clinton non riesce a uscire da quella che è stata chiamata la «sala orale». In Francia, la tv pubblica ha trasmesso un programma satirico in cui un attore, parodiando il film «Pulp Fiction» in «Peuple fiction», irrompe nello studio del presidente Chirac, lo processa sommariamente per le sue innumerevoli menzogne, e poi lo fredda col mitra. A nessuno è mai venuto in mente di parlare di «antibushismo», di «anticlintonismo», di «antichirachismo», di «insulti alla Casa Bianca» o di «vilipendio all’Eliseo». Tanto più alta è la poltrona su cui siede il politico, tanto più ampio è il diritto di critica e di satira e anche di attacco personale. Quelli che son risuonati l’altroieri in piazza Navona non erano «insulti». Erano critiche. Grillo, insolitamente moderato e perfino affettuoso, ha detto che «a Napolitano gli voglio bene, ma sonnecchia come Morfeo e firma tutto», compreso il via libera al lodo Alfano che crea una «banda dei quattro» con licenza di delinquere. Ha sostenuto che Pertini, Scalfaro e Ciampi non l’avrebbero mai firmato (sui primi due ha ragione: non su Ciampi, che firmò il lodo Schifani). E ha ricordato che l’altro giorno, mentre Napoli boccheggia sotto la monnezza, il presidente era a Capri a festeggiare il compleanno con la signora Mastella, reduce dagli arresti domiciliari, e Bassolino, rinviato a giudizio per truffa alla Regione che egli stesso presiede. Tutti dati di fatto che possono essere variamente commentati: non insulti o vilipendi. Io, in tre parole tre, ho descritto la vergognosa legge Berlusconi che istituisce un’«aggravante razziale» e dunque incostituzionale, punendo ­ per lo stesso reato - gli immigrati irregolari più severamente degli italiani, e mi sono rammaricato del fatto che il Quirinale l’abbia firmata promulgando il decreto sicurezza. Nessun insulto: critica.

Veltroni sostiene che io avrei «insultato» anche lui, e che «non è la prima volta». Lo invito a rivedersi il mio intervento: nessun insulto, un paio di citazioni appena; per il resto la cronistoria puntuale dell’ennesima resurrezione di Al Tappone dalle sue ceneri grazie a chi ­ come dice Furio Colombo ­ «confonde il dialogo con i suoi monologhi». Sono altri dati di fatto, che possono esser variamente valutati, ma non è né insulto né vilipendio. O forse il Colle ha respinto al mittente qualche legge incostituzionale, e non me ne sono accorto? Sono o non sono libero di pensare e di dire che preferivo Scalfaro e i suoi no al Cavaliere? Oppure la libertà di parola, conquistata al prezzo del sangue dai nostri padri, s’è ridotta a libertà di applauso? Forse qualcuno dimentica che quella c’è anche nelle dittature. È la libertà di critica che contraddistingue le democrazie. Se poi a esercitarla su temi quali la laicità, gli infortuni sul lavoro, l’ambiente, la malafinanza, la malapolitica, il precariato, la legalità, la libertà d’informazione sono più i comici che i politici, questa non è certo colpa dei comici.

Poi c’è Sabina. Che ha fatto, di tanto grave, Sabina? Ha usato fino in fondo il privilegio della satira, che le consente di chiamare le cose con il loro nome senza le tartuferie e le ipocrisie del politically correct, del politichese e del giornalese: ha tradotto in italiano, con le parole più appropriate, quel che emerge da decine di cronache di giornale sulle presunte telefonate di una signorina dedita ad antichissime attività con l’attuale premier, che poi l’ha promossa ministra. Enrico Fierro ha raccolto l’altro giorno, su l’Unità, i pissi-pissi-bao-bao con cui i giornali di ogni orientamento, da Repubblica al Corriere, dal “Riformatorio” financo al Giornale, han raccontato quelle presunte chiamate (con la “m”). Ci voleva un quotidiano argentino, il Clarin, per usare il termine che comunemente descrive queste cose in Italia: «pompini», naturalmente di Stato. Quello di Sabina è stato un capolavoro di invettiva satirica, urticante e spiazzante come dev’essere un’invettiva satirica, senza mediazioni artistiche né perifrasi. Gli ignorantelli di ritorno che gridano «vergogna» non possono sapere che già nell’antica Atene, Aristofane era solito far interrompere le sue commedie con una «paràbasi», cioè con un’invettiva del corifeo che avanzava verso il pubblico e parlava a nome del commediografo, dicendo la sua sui problemi della città. Anche questa è satira (a meno che qualcuno non la confonda ancora con le barzellette). Si dirà: ma Sabina ha pure mandato il papa all’inferno. Posso garantire che, diversamente da me, lei all’inferno non crede. Quella era un’incursione artistica in un genere letterario inaugurato, se non ricordo male, da Dante Alighieri. Il quale spedì anticipatamente all’inferno il pontefice di allora, Bonifacio VIII, che non gli piaceva più o meno per le stesse ragioni per cui questo papa non piace a lei e a molti: le continue intromissioni del Vaticano nella politica. Anche Dante era girotondino? Il fatto è che un vasto e variopinto fronte politico-giornalistico aveva preparato i commenti alla manifestazione ancor prima che iniziasse: demonizzatori, giustizialisti, estremisti, forcaioli, nemici delle istituzioni, e ovviamente alleati occulti del Cavaliere. Qualunque cosa fosse accaduta, avrebbero scritto quel che hanno scritto. Lo sapevamo, e abbiamo deciso di non cedere al ricatto, parlando liberamente a chi era venuto per ascoltarci, non per usarci come pedine dei soliti giochetti. Poi, per fortuna, a ristabilire la verità sono arrivati i commenti schiumanti di Al Tappone e di tutto il centrodestra: tutti inferociti perché la manifestazione spazza via le tentazioni di un’opposizione più morbida o addirittura di un inciucio sul lodo Alfano (ancora martedì sera, a Primo Piano, due direttori della sinistra «che vince», Polito e Sansonetti, proclamavano in stereo: «Chi se ne frega del lodo Alfano»). La prova migliore del fatto che la manifestazione contro il Caimano e le sue leggi-canaglia è perfettamente riuscita.

L'Unità, 10 luglio 2008

martedì 8 luglio 2008

Il pizzo di Berlusconi

Marco Travaglio:

In Sicilia, quando un cittadino non si piega, gli tagliano le gomme della macchina. Se capisce, bene. Se non capisce, gli fanno saltare la macchina. Se capisce, bene. Se non capisce gli mettono anche una bomba carta alla serranda del negozio. Se poi il tipo non vuole saltare assieme al negozio con tutta la sua famiglia, deve accettare
il dialogo. Solo che in Sicilia si chiama “pizzo”, si chiama racket, si chiama estorsione. Arrivano uomini del dialogo e gli fanno una proposta. Gli dicono di aver saputo degli attentati, di essere molto dispiaciuti e gli offrono protezione. Da chi? Da loro stessi. Sono loro che mettono le bombe e loro che offrono protezione, da sé stessi. Il dialogo ha un prezzo. È una tangente, un pizzo. Il commerciante dovrà pagare un tot al mese agli estorsori per evitare ulteriori guai.

Alla fine, se paga, che cosa ha vinto? Ha vinto la mafia, non ha vinto lui. Non ha vinto il dialogo. Ha vinto la violenza.


Trasferite questo sistema di operare a Roma. A Roma succedono le stesse cose, soltanto che cambiano le parole. C’è un signore che arriva al potere e immediatamente comincia a rovinare la giustizia, a sfasciare tutto. Presenta una legge per far saltare 100.000 processi, perché ne ha uno anche lui. Poi ne fa un’altra che impedisce ai magistrati di fare le intercettazioni e di scoprire i reati, e di scoprire le prove per incastrare i colpevoli di quei reati. Poi va in televisione dice che se non si scoprono i colpevoli dei reati è colpa della magistratura che è una metastasi, che è politicizzata, che è un cancro. È colpa dei giudici che sono dei fannulloni. È colpa dei giudici che si occupano solo di lui. È colpa dei giudici che sono antropologicamente diversi dalla razza umana che sono dei matti, che sono psicolabili, che sono golpisti, che sono fascisti, che sono terroristi. E che non a caso, nei sondaggi, la loro credibilità diminuisce. I magistrati a questo punto alzano le braccia. Ma ciò non basta. Lui a questo punto fa una legge, ma questa la fa presentare da Tremonti, che taglia i fondi per la giustizia, fino al 40%. 10% il primo anno, 20% il secondo, e poi taglia anche gli stipendi ai magistrati, che già sono pagati un terzo, un quarto, un quinto di quanto è pagato un piccolo manager di una piccola azienda.

A questo punto, dopo averli prostrati e ridotti alla rovina,
si manifesta qualcuno che offre il dialogo. E dice: “eh, abbiamo saputo che vi stanno impedendo di fare il vostro lavoro, di fare i vostri processi, di fare le intercettazioni, vi stanno impedendo di scoprire i reati; vi insultano. Volete il dialogo? Cifra modica: si chiama Lodo Alfano. Se voi vi dimenticate i processi al Presidente del Consiglio, se vi dimenticate – o le lasciate evaporare, o le mangiate o le bruciate, o le cestinate – le intercettazioni del Presidente del Consiglio (intercettazioni indirette, non è lui che viene intercettato, sono di solito dei mascalzoni con i quali lui è solito parlare, perché sono tutti amici suoi). Bene, se accettate di pagare questa modica cifra, questa sommetta, allora arriva il dialogo: gli altri processi ve li facciamo fare, le intercettazioni ve le lasciamo fare, magari non vi tagliamo nemmeno gli stipendi e non vi tagliamo nemmeno i fondi. Magari assumiamo anche qualche cancelliere. Magari paghiamo anche la benzina per le volanti che devono andare a fare le indagini, con sopra i poliziotti. Dipende da voi. Dialogate, o volete lo scontro?”

Ecco, una tecnica estorsiva che a Palermo si chiama racket, a Roma si chiama dialogo. Alla fine, se i magistrati cedono, chi ha vinto? Hanno vinto loro, ha vinto il dialogo? Ha vinto la distensione? Ha vinto la pace?
Ha vinto l’estorsore, che politicamente parlando, in questo caso, è il nostro Presidente del Consiglio. Il nostro Presidente del Consiglio che ne sta combinando una al giorno, quando non ne combina due, e che ha bisogno di nascondere questa realtà agghiacciante che sotto gli occhi di tutti, ma che nessuno vede – anche perché molti giornalisti e molti commentatori fanno finta di non vederla.

Esattamente come molti intellettuali facevano finta di non vedere il fascismo alle sue origini. E sono stati ricordati nei libri di storia perché era quelli che parlavano d’altro, erano
quelli che dicevano di non esagerare. Quelli che dicevano che bisognava dialogare con Mussolini. Erano quelli che dicevano: “ma insomma, anche lui farà delle cose buone. Ma insomma, certo è un po’ rude, però ha anche il suo consenso. Ha preso i voti.” Ecco, sono questi che verranno ricordati nei libri di storia per non aver fatto nulla e per non aver fatto nulla in una fase come questa. Sono loro i principali alleati del regime.

(continua su beppegrillo.it)

sabato 5 luglio 2008