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martedì 16 dicembre 2008

Il tris di Berlusconi

Berlusconi ha proclamato: votare per Di Pietro è immorale.

Aveva proprio ragione Oscar Wilde: "Tutto quello che c'è di divertente nella vita o è immorale, o illegale o fa ingrassare".


sabato 13 dicembre 2008

Lettera al Corriere della Sera

Caro direttore Mieli,
ha fatto molto bene a togliere al giornalista Carlo Vulpio l'inchiesta sul caso Catanzaro, che coinvolge magistrati, politici, imprenditori e membri del Csm. Così come fa benissimo a pubblicare senza mai arrossire le sciocchezze che - in tema di rapporto politica-magistratura - ci offrono i vari Battista, Panebianco, Ostellini e Galli vari. Immagino sia la stessa logica che la induce a non cercare di portare al Corriere giornalisti come Marco Travaglio, relegato in due colonnine nel quotidianino della sora Concita. Che le importa di dare spazio a voci libere, o addirittura di aumentare le vendite, se poi mette a rischio la sua poltrona? Che diamine, siamo in Italia, e lei - che dice di essere uno storico - deve sapere bene cosa significa.
Come diceva Sciascia, ci sono molti italiani che non sono fascisti, ma che con il fascismo si trovano a loro perfetto agio.

sabato 25 ottobre 2008

Scuola: in che mani?



Se non bastassero questi due figuri qui sopra
per rabbrividire (guardateli bene in viso!!), leggete l'intervista NON smentita di Francesco Cossiga a Il Giorno e Resto del Carlino.
Ricordo che Francesco Cossiga è il
Presidente emerito della Repubblica Italiana e senatore a vita, non un omonimo uscito da un manicomio criminale:

"
Maroni dovrebbe fare quel che feci io quand'ero ministro dell'Interno. In primo luogo, lasciare perdere gli studenti dei licei, perchè pensi a cosa succederebbe se un ragazzino rimanesse ucciso o gravemente ferito... Lasciarli fare (gli universitari, ndr). Ritirare le forze di Polizia dalle strade e dalle Università, infiltrare il movimento con agenti provocatori pronti a tutto, e lasciare che per una decina di giorni i manifestanti devastino i negozi, diano fuoco alle macchine e mettano a ferro e fuoco le città. Dopo di che, forti del consenso popolare, il suono delle sirene delle ambulanze dovrà sovrastare quello delle auto di Polizia e Carabinieri. Nel senso che le forze dell'ordine non dovrebbero avere pietà e mandarli tutti in ospedale. Non arrestarli, che tanto poi i magistrati li rimetterebbero subito in libertà, ma picchiarli e picchiare anche quei docenti che li fomentano. Soprattutto i docenti. Non dico quelli anziani, certo, ma le maestre ragazzine sì... questa è la ricetta democratica: spegnere la fiamma prima che divampi l'incendio".

non resta che dire: viva l'Italia, viva la democrazia!

lunedì 13 ottobre 2008

La scomparsa dell'informazione

Il comportamento dei media dopo la manifestazione di sabato a Piazza Navona fa rabbrividire.
In un solo giorno, Antonio di Pietro ha raccolto 200.000 firme per il referendum abrogativo del Lodo Alfano, e che fanno giornali e tv? I pesci in barile: la scomparsa dei fatti, come dice spesso Marco Travaglio.
Facciamo due esempi.

Il giorno dopo la manifestazione, che fa Repubblica? Intervista Di Pietro? No, intervista Walter Veltroni, che proclama le virtù del dialogo per il bene del Paese (non di Berlusconi, precisa: excusatio non petita).


E la sera, che fa Johnny Raiotta, sempre in quota Veltroni? Intervista Di Pietro? O intervista magari Dario Fo, che in piazza ha spiegato che quel Lodo non l'avrebbe firmato nessun Capo dello Stato, a parte Morfeo? No, intervista Dario Franceschini: che spiega - pure lui! - le virtù del dialogo nell'interesse del Paese.


Così, i cittadini che non hanno tempo di leggere internet, di informarsi, di capire le porcherie che succedono alle loro spalle possono continuare a vivere tranquilli, pensando che il Lodo Alfano è una legge normale, che è una legge diffusa in tutt'Europa, che Napolitano firma solo cose buone, che il dialogo fa bene al Paese, che Veltroni pensa a loro, e che se il Lodo non va bene ci penserà la Corte Costituzionale (alla quale presto manderanno i rinforzi azzurri: un avvocato di Berlusconi e il convertito Violante). Sogni d'oro.


domenica 12 ottobre 2008

Da via D'Amelio


Da via D'Amelio, inserito originariamente da Luca I..

Da via D'Amelio

In attesa che la magistratura "metta a fuoco" la dinamica dei fatti di quel maledetto pomeriggio del 19 luglio 1992.

Foto di Luca I. tratta da Flickr.com

domenica 5 ottobre 2008

I diari segreti di Walter V. (2° puntata)



Ma come, è una settimana che leggo Micromega per farmi venire in mente qualcosa con cui attaccare Berlusconi... gli ho pure copiato "Berlusconi Putin", sto lì che allerto le masse sui rischi per la democrazia, così si spaventano e si mobilitano per la manifestazione del 25.... e che fa Massimo? Proclama ai 4 venti che "non solo siamo disponibili al dialogo ma siamo disponibili a proporre e assumerci le nostre responsabilità su scelte fondaamentali per il nostro Paese". 

Ma così mi sputtana!! Che facciamo? Dialoghiamo con Putin?? Se andiamo avanti così, pure quei gonzi che ancora credono alle panzane che raccontiamo si insospettiranno.... Lo sapevo che di Max non mi dovevo fidare.

I diari segreti di Walter V. (1° puntata)


"Noi non siamo d'accordo con Berlusconi.
Lui vuole sfasciare la Costituzione subito,
e noi non siamo d'accordo.
Lui vuole sfasciare la scuola pubblica immediatamente,
e noi non siamo d'accordo.
Lui vuole sfasciare la macchina della Giustizia con urgenza,
e noi non siamo d'accordo.

Non tutto insieme, quanto meno. 

Devo convincerlo ad accettare la nostra "mediazione alta": facciamo passare qualche giorno tra una demolizione e l'altra. In questo modo, noi delineiamo bene il nostro profilo riformista, e lui ottiene i risultati che vuole.
Spero che Giorgio e Massimo non mi mettano i bastoni fra le ruote."

giovedì 2 ottobre 2008

Ex - Change

Ultimora - Barack Obama vota a braccetto con John McCain il piano di salvataggio per i colossi bancari di Wall Street.

Ex-change we can believe in...

domenica 28 settembre 2008

La doppiezza di W

Veltroni potrebbe provare a mettersi d'accordo con se stesso, prima di sfondare i muri del ridicolo.
Prima implora il dialogo con Berlusconi, poi vede anche in Italia il rischio Putin. La volpe e l'uva? Si dirà: ci ha ripensato, ha capito, ha valutato meglio il rischio per la democrazia, e quindi ha cambiato posizione: ben venga.

Ma non è così, non illudetevi: è tutta scena. Veltroni denuncia oggi che il Parlamento è completamente privo di poteri di interlocuzione, trattato dal governo come "una perdita di tempo, una rottura di scatole". Ma se - sempre oggi - gli chiedi di raccogliere le firme per il referendum insieme a Di Pietro contro il Lodo Alfano, risponde che "le riforme si fanno in Parlamento". Un'ipocrisia colossale. Ma chi ci casca più?


mercoledì 17 settembre 2008

Made in USA - Made in Italy




Lehman Brothers fallita? Proprio vero che gli americani non conoscono le astuzie italiche! A parti invertite, ci sarebbe una cordata bipartisan pronta a lucrare sulla parte sana della banca, ci sarebbe un D'Avanzo a scrivere sulle vacanze di qualcuno che non c'entra niente, e sopratutto sarebbero banditi dai tg quei rompicoglioni alla Marco Travaglio pronti a dire che un fallimento si chiama fallimento e non, per dire, difesa dell'americanità.

A proposito di Alitalia, giusto ieri la Cgil ha chiesto il presidente del consiglio si assuma sue responsabilità. A volte l'ingenuità dei sinistroidi è commovente. Come se Berlusconi non fosse sceso in politica, 15 anni fa, unicamente per sfuggire alle sue responsabilità.

domenica 14 settembre 2008

Dimmi con chi vai...


Fini è l'unico leader del centrodestra ad aver detto che il Ventennio fu una dittatura che tolse la libertà.
Fini è l'unico leader del centrodestra ad aver detto che i repubblichini combatterono dalla parte sbagliata.
Fini è l'unico leader del centrodestra ad aver detto che bisogna riconoscersi tutti nei valori della Costituzione.

Sarà mica per questo che - quando si parla di dialogo - il PD parla solo con Berlusconi e, al limite, con Bossi?

venerdì 12 settembre 2008

Viaggi a rischio


Giornata a rischio per chi viaggia.
Alitalia sta andando in picchiata, mentre il noto giornalista D'Avanzo è affondato nei mari di Sicilia dopo lo scontro con Travaglio.

mercoledì 10 settembre 2008

Quante volte, figliolo?


Il PD ha dichiarato: il braccialetto elettronico è come l'indulto.
Brivido freddo lungo la schiena: quindi, voteranno anche questo?

martedì 9 settembre 2008

Via il Bavaglio!


Rinasce l'opinione pubblica

di Federico Orlando

Non si chiama piazza San Giovanni e non contiene un milione di persone (14 settembre 2002), si chiama piazza Santa Maria Liberatrice e contiene alcune migliaia di ragazzi e gente strasudata dalle otto a mezzanotte di mercoledì 3 settembre 2008, ma non cambia niente, neanche la modestia dei miei amici e colleghi del Giornale e della Voce Marco Travaglio e Peter Gomez e Marco Lillo e Pino Corrias, che presentano un libro come “Bavaglio” in un teatro romano di 600 posti, il teatro della Vittoria. Roba da camera a gas, dove ho boccheggiato anch’io, fin tanto che i polmoni me l’hanno permesso. Quando non ce l’ho fatta più e sono uscito per un gelato, quel “giustizialista” di Marco Travaglio prende il microfono e mi manda ( a me e ad Antonio Padellaro) un saluto da vecchi fraterni combattenti, e parte un applauso lungo e generale, detto, in volgare, standing ovation. Questo m’ hanno raccontato la sera stessa e telefonato nei giorni successivi.

Allora devo scrivere poche righe: per ringraziare non solo Marco e Peter, e la loro casa editrice Chiarelettere; ma soprattutto quell’umanità innamorata di ideali e di battaglia che da sei anni non rivedevo e che penso di poter rivedere molto più numerosa, e senza simboli di partito, se sarà necessario affiancare all’opposizione politica in parlamento l’opposizione degli elettori in piazza: come nel 2002. A questi amici più che elettori avrei voluto dare un saluto quella sera stessa, rispondendo al loro saluto. Approfitto di Articolo 21 per farlo da questo sito. Una sola cosa avrei detto e dico: né i libri di Marco e Peter e colleghi, né Articolo 21, né questo sito, nè la pattuglia che resiste in parlamento, né quanti di noi nei giornali continuano la lotta, esisterebbero se non esistessero loro, quei cittadini. Essi, deludendo il carissimo Nanni Moretti (credo che lui non aspettasse di meglio), hanno dimostrato e dimostrano che in Italia l’opinione pubblica non è finita, che non ci siamo ridotti a coriandoli, come pensa De Rita. Ancora un po’ di prevaricazioni, e vedrete come i coriandoli si ricomporranno in una nuova piazza san Giovanni.

Ma intanto grazie a quei nostri colleghi, autori, editori, lettori, ragazzi e anziani, che, nell’attesa della ricomposizione, scrivono e leggono libri, riempiono le presentazioni, tessono la rete dei blog, si documentano e documentano una per una le prepotenze del regime. (Anche se c’è chi educatamente ci ricorda che non sta bene chiamarlo regime).

08/09/2008

All'amor non si comanda

domenica 7 settembre 2008

Abbiamo i palinsesti (ovvero: la resistibile ascesa della non-opposizione)




Marco Travaglio su l'Unità del 6 settembre:
Due notizie, una buona e una cattiva. La buona: ancora pochi giorni e il Pd avrà 3 televisioni (la dalemiana «Red» e la veltroniana «Youdem», oltre a Rai3). Che non sono ancora le 5 di Berlusconi, ma sono già qualcosa. La cattiva: i palinsesti di entrambe sono stati trafugati a fine luglio dai ladri nella villa affittata da Veltroni a Sabaudia. Poi i topi d’appartamento han tentato di piazzarli a tutti i ricettatori del giro, senza trovarne uno solo interessato all’articolo.
Così li han gettati in un cassonetto dove noi, sfidando l’ordinanza Alemanno, li abbiamo recuperati per offrirli ai lettori dell´Unità in esclusiva mondiale.

La veltroniana «Youdem» (acronimo di Yes Obama United in Dialog e Mutism) ha come logo la figurina Panini di Pizzaballa e si propone di educare il popolo della sinistra al dialogo con Berlusconi. I programmi si aprono con Saranno fumosi, a cura di Bettini, Realacci e Cerami. Schivo come sempre, Veltroni andrà in onda in prima serata, ma solo il sabato e la domenica, dagli studi di Sabaudia, col varietà bilingue Yes Week End. Ma pare abbia già in serbo, per le elezioni europee, un grande exploit all’americana: Loft, la risposta italiana a Lost.
Grande attesa per gli appuntamenti con la tv verità: RiforMissing, variante riformista di Chi l’ha visto?, organizzerà le ricerche dei neoeletti del Pd provenienti dalla «società civile» e misteriosamente inabissatisi in Parlamento: si parte con Calearo, Daniela Cardinale e il generale Del Vecchio, per proseguire coi due terzi del governo-ombra. La Madia, miracolosamente recuperata in pieno oceano da Piero e Alberto Angela in perlustrazione, racconterà la sua drammatica esperienza nella serie La fossa delle Marianne. Colaninno jr., a lungo dimenticato in un ripostiglio del Loft, verrà rispolverato e riattato per una nuova edizione di Don Matteo, che indaga sulla cordata Alitalia capitanata dal padre Roberto. A notte fonda, per Fuori Orario-Cose mai viste, vecchi spezzoni di Veltroni che esalta l’Ulivo, denuncia il conflitto d’interessi e cita la questione morale.

L’emittente dalemiana «Red» (acronimo di Ritorno e Distruggo, o di Riformismo Estrema Destra) ha come logo una barca a vela coi baffi e si propone - in contrapposizione con Red - di educare il popolo della sinistra al dialogo con Berlusconi. Nasce dalle ceneri di una tv satellitare il cui nome evoca il numero dei firmatari della petizione «Salva l’Italia» auspicati da D’Alema: «Nessuno». E Il mio nome è Nessuno sarà anche una delle rubrica più attese, a cura di Polito El Drito e Stefano Menichini: già allertata la Protezione civile per arginare l’afflusso dei fans all’arrivo della coppia negli studi.
Per le famiglie, a grande richiesta, torna La signora in giallo: Livia Turco reduce dal parrucchiere. Reduci dai trionfi in Sicilia e a Roma, Anna Finocchiaro e Francesco Rutelli ridanno vita al celebre gioco a premi Signori, il fiasco è servito. Molto attesi i programmi musicali del dj Bobo Craxi (musiche di evasione) e Pierluigi Bersani: dopo l’annunciata intervista col suo idolo Vasco Rossi, l’ex ministro sarà alle prese con un gruppo di tassinari romani suoi sfegatati ammiratori, che tentano di arrotarlo sulle strisce. Piero Fassino e Anna Serafini festeggiano le nozze di platino in Parlamento (11 legislature in due) con la sit-com Il gioco delle coppie. Sigla iniziale Oak Fund (di Tavaroli-Cip-Ciop), sigla finale Che fretta c’era, maledetto Tronchetti Provera (di D’Avanzo-Tavaroli).
In prima serata il programma di punta: Il commissario Max, una serie italo-pugliese in cui un tizio in barca a vela infila naufragio via l’altro, precipita financo da un gommone, ma passa sempre per molto intelligente.
Seguirà Ikarus, primo esperimento di talk show sociale che denuncia i drammi del precariato nel duro mondo degli skipper. Per il genere horror, Consorte, Latorre, Fiorani e Ricucci nel classico La banca dei quattro. Molto attese le rubriche Gli Insaccàti, con Curzi, Minoli e Saccà, e Neri per caso, con la nuova coppia Amato & Alemanno. Luciano Violante, dopo le aperture sulla giustizia che hanno scavalcato a destra Ghedini e Alfano, canterà con i Camaleonti e curerà un programma sui lifting dal titolo arboriano: Violante1 a Violante2. Invitato a partecipare con un programma tutto suo, Antonio Bassolino ha cortesemente declinato: «Spiacente, ma ho già firmato l’esclusiva con Mediaset per una fiction sul miracolo napoletano». Titolo provvisorio: Il Ritorno di Er Monnezza.

martedì 2 settembre 2008

Capitani coraggiosi - l'evoluzione della specie





"Capitani coraggiosi".....




... capitani scoraggianti.

domenica 24 agosto 2008

I mutanti si riprendono l'Unità




Meraviglioso articolo di Furio Colombo su l'Unità di oggi.
...quale è la ragione per cui è stato detto arrivederci e grazie al direttore che ha tenuto ben ferma in questi anni la rotta difficile e felice di questo giornale di opposizione? Non è rispettoso, e neppure ragionevole, immaginare che tutto ciò accada affinché il giornale non sia più di opposizione. E sarebbe altrettanto azzardato affermare che farà una opposizione diversa. Quante opposizioni ci sono? Ma se qualcuna di queste ombre avesse anche una minima consistenza, come non nutrire il sospetto (vedete come è mite la parola) che alcuni di noi siano parte del problema, e non della soluzione del problema, se il problema è davvero l´opposizione? C´è un´altra questione. Berlusconi e il suo potere mediatico totalitario sono sempre sul fondo di ogni questione italiana, specialmente se riguarda l´informazione. Però non è Berlusconi ad aver detto «grazie, Padellaro, va bene così». E anche «grazie, Unità, ma sempre la stessa musica ci ha stufato». Mi sembra più ragionevole pensare che tutto ciò sia nato nell´ambito del Partito Democratico. Si sentiva sfasato rispetto all´Unità (o, viceversa, «un giornale che non ci rappresenta»)? Se è così il problema che ha di fronte a sé il nuovo direttore non è facilissimo: fare una cosa che non è il Foglio, che non è il Riformista, che non è Europa, che non è l´Unità di adesso, e, ovviamente, non è né il manifestoLiberazione. Auguri, davvero.

Ma se è così, resta da spiegare tutto questo silenzio nell'ambito del Pd. Quale sarà stata la ragione, discrezione, cautela, segretezza, a consigliare di non dire una sola parola ad alcuno degli interessati, compresi quelli che, come me, sono lì a un passo, in Parlamento?

Come vedete, nessuna di queste questioni riguarda la persona cui tocca il nuovo mandato. Ma se questo fosse un giornale a fumetti, si vedrebbe un fumetto grande come una casa con un vistoso punto interrogativo sulla testa. Spiace non sapere dove indirizzare la domanda. Ma più ci si pensa e più sei costretto a inquadrarla dentro la storia del Pd (anche il Pd comincia ad avere una storia), non dell´editore.

Forse uno spunto di ottimismo potrebbe essere questo: finalmente il Pd comincia a prendere decisioni. Forse non è la prima decisione che dodici milioni di italiani che hanno votato centrosinistra si aspettavano, mandare a casa Padellaro, e con lui, fatalmente, qualche firma della Unità rinata, della serie rifondata dopo la fondazione di Gramsci. A questo punto non resta che vedere come la situazione si ambienterà con le altre decisioni del prossimo futuro. Qual è la linea del più grande partito di opposizione che più si armonizza con questo deliberato e netto gesto di «discontinuità» (per usare una delle parole chiave della politica. L´altra sarebbe, se Padellaro ed io parlassimo politichese, chiederci - come Chiamparino - "ma noi siamo una risorsa?")?

* * *

Certo il momento è strano. Ti muovi in un paesaggio da fantascienza popolato di mutanti. A Milano il più importante simbolo istituzionale del Pd, il presidente della Provincia Penati, improvvisamente dichiara: «Con la Lega Nord è possibile fare un lavoro importante per Milano». E noi che pensavamo che la Lega Nord fosse impegnata soprattutto a sfrattare le Moschee e a proibire luoghi di preghiera per gli immigrati islamici. A Firenze la prima Festa Nazionale del Partito Democratico è dedicata a Bossi, Tremonti, Bondi, Fini, Matteoli, Frattini, Maroni. Praticamente tutto il governo che già domina tutte le televisioni. Prima di giudicare il senso politico c´è da domandarsi, in senso elementare e prepolitico: perché? Una Festa di partito costa, e costa ancora di più per un partito lontano dal potere e dai benefici del potere. Perché il nostro ospite d´onore deve essere Bossi, invece del giovane angolano picchiato a sangue da un branco di ragazzi italiani a Genova? Perché dobbiamo festeggiare Tremonti invece di ascoltare il macchinista delle Ferrovie dello Stato licenziato per avere fatto sapere che il treno Eurostar che stava manovrando, si è spezzato (e per fortuna non c´erano passeggeri)? Perché invitare Maroni invece di Xavian Santino Spinelli, il Rom italiano docente universitario, che rappresenta la sua gente (dunque anche la nostra: i Rom sono in buona parte italiani), ma rappresenta soprattutto i bambini forzati al trauma delle impronte digitali? Perché tutti in piedi per Frattini invece di accogliere cittadini osseti e georgiani, testimoni di una breve, sporca guerra di cui ancora sappiamo nulla, se non che uno dei protagonisti spietati, Putin è il miglior amico di Berlusconi ? Perché avere sul palco Matteoli invece dei lavoratori dell´Alitalia, che avrebbero dato voce alla paura del loro futuro, reso ormai quasi impossibile dalla falsa promessa (capitali italiani, forse anche capitali dei suoi figli) del candidato Berlusconi?

Ma la danza dei mutanti continua. Mi devo rendere conto che il maggiore partito di opposizione, di cui sono parte, produce tutto in casa, con una autonomia che sarebbe sorprendente se non fosse come un autobus che salta la fermata lasciando a terra la folla dei viaggiatori in attesa. Il più grande partito di opposizione produce da solo il dialogo, benché Berlusconi attraversi la scena pronunciando frasi altezzose e insultanti. Benché alzi ogni giorno il prezzo di un ambito contatto con lui. Il Pd produce da solo una cordiale collaborazione con la Lega, nonostante la caccia agli immigrati, il reato di clandestinità, le botte ai «negri», l´orina di maiale (iniziativa di Calderoli) sul terreno in cui si doveva costruire una Moschea, la proclamazione fatta da Borghezio - in occasione delle Olimpiadi - della superiorità della razza padana (parlava della nuotatrice Pellegrini come di una mucca). Invita e festeggia Bossi proprio quando lui dice (ripetendo con sempre maggiore frequenza la minaccia): «O si fa il federalismo come dico io o il popolo passerà alla maniere spicce».

Produce da solo una certa ostilità verso giudici, una denuncia quasi quotidiana del «giustizialismo» (sarebbero coloro che sostengono il diritto dei giudici di non essere insultati e di non essere costretti al silenzio). Dice Luciano Violante a La Stampa (22 agosto) che i magistrati «conducono una battaglia di solo potere». Sono gli stessi magistrati definiti «dementi» dal primo governo Berlusconi e «cloaca» dal presente titolare di Palazzo Chigi. Ma a quanto pare la volontà di dialogo supera questi dettagli. Si forma una cultura che trova normale lo «stato di emergenza» che ha indotto a far presidiare le strade delle città italiane dai soldati come se fossero in Pakistan, trova normale che Berlusconi si vanti di avere parlato 40 minuti con Putin senza far sapere al Paese o almeno al Parlamento una sola parola di quel suo dialogo (finalmente dialoga con qualcuno). E trova normale che - mentre scoppia la guerra in Georgia che potrebbe contrapporre Stati Uniti e Russia, Nato e impero di Putin (e di Sardegna)- il ministro degli Esteri resti in vacanza mentre i suoi colleghi europei si incontrano in una riunione di emergenza. O forse è stato un grande, scoperto favore all´ amico Putin (dimostrare che la crisi non era così grave), tanto e vero che il ministro Frattini riferirà al Parlamento (Commissioni estere Camera e Senato) soltanto il 24 agosto, dopo avere partecipato alla Festa del Partito democratico come ospite d´onore. Si forma una cultura, abbiamo detto, fatta di buone maniere e di acquiescenza al governo, sia pubblico (Berlusconi) che privato (Mediaset).

Questo spiega la necessità che sia Enrico Mentana a intervistare Veltroni in un grande incontro finale a conclusione della Festa del Pd. E spiega l´annuncio di Lilli Gruber, deputata europea di primo piano e importante giornalista italiana: sarà Berlusconi a scrivere la prefazione del suo nuovo libro sulle donne dell´Islam. Chi altro? Con l´aria che tira è già una conquista democratica che quella prefazione non sia stata commissionata a Borghezio.

* * *

Mi ha colpito la notizia che alla Festa del Partito democratico di Firenze ci saranno collegamenti con la «Convention» del Partito Democratico americano di Denver. Spero che spiegheranno perché, a quella festosa assemblea di militanti politici di opposizione, non sia stato invitato e applaudito e festeggiato, per un bel dialogo, il vicepresidente Cheney, l´uomo delle false prove della guerra in Iraq. O qualche "neo-con" di rilievo, di quelli che amano Guantanamo e le maniere forti.

Qualcuno - spero - spiegherà che gli americani, nel loro Partito Democratico, sono un po´ più rozzi degli italiani: quando fanno opposizione, fanno opposizione. E quando vogliono essere eletti contro qualcuno che - secondo loro - ha fatto danno al Paese, prendono le distanze, dicono cose diverse, invitano e ascoltano le loro migliori voci, quelle più vibranti e appassionate, non quelle dei Repubblicani che intendono sconfiggere.

Inoltre sanno - ma forse anche questo è un segno della loro cultura elementare - che i loro leader non si fanno intervistare dai giornalisti della Fox Television, alcuni bravissimi ma tutti di destra. In tanti vanno alla convenzione democratica, scrittori, registi, celebrità delle grandi università e dello spettacolo. Ma sono tutti testardamente democratici. Vanno tutti per parlare di pace, non di guerra, di poveri, non di ricchi, di affamati del mondo e di crisi del pianeta, di bambini da salvare e di medicine salva-vita di cui bisogna abbattere i prezzi. Certo, l´ America non è un Paese perfetto. Anche là ci sono tanti Giovanardi e tante Gelmini. Ma (a differenza di quanto avviene nell´altra festa del Pd italiano, quella di Modena) i democratici americani non li invitano. Saranno primitivi ma (se starà bene) vogliono Ted Kennedy. E se Ted Kennedy starà bene dirà tutto quello che pensa con l´irruenza che l´America democratica ammira da mezzo secolo, e che da noi si chiama "politica urlata" e irrita molto persino Ritanna Armeni, ma solo se è "politica urlata" di sinistra.

* * *

Ecco le ragioni del mio disorientamento nel Partito Democratico che ho contribuito a creare partecipando anche alle primarie («Sinistra per Veltroni») e nel quale adesso non so dove mettermi, perché ogni spazio è occupata da un ministro ombra che intrattiene la sua educata, amichevole conversazione col ministro-ministro. Ognuno di essi (i ministri-ministri) è occupato a prendere impronte, a presidiare le strade italiane con l´esercito, a insultare i giudici. Ma comunque appaiono come statisti mai smentiti e sempre in grado di incassare apprezzamenti (oltre che inviti alle nostre Feste) e di dire l´ultima parola in ogni radio e in ogni televisione. La descrizione perfetta è di Nadia Urbinati (la Repubblica, 20 agosto) «Questa Italia assomiglia a una grande caserma, docile, assuefatta, mansueta. Che si tratti di persone di destra o di sinistra, la musica non sembra purtroppo cambiare: addomesticati a pensare in un modo che sembra diventato naturale come l´aria che respiriamo. Come bambini siamo fatto oggetto della cura di chi ci amministra. E come bambini bene addomesticati diventiamo così mansueti da non sentire più il peso del potere. È come se, dopo anni di allenamento televisivo, siamo mutati nel temperamento e possiamo fare senza sforzo quello che, in condizione di spontanea libertà, sarebbe semplicemente un insopportabile giogo». Quanto sia esatto ciò che scrive Urbinati lo dimostra questa e-mail appena ricevuta: «Attento, alla sua età è pericoloso agitarsi. Ma comunque la sua perdita nessuno la noterebbe, insignificante comunista. Si spenga serenamente come giornalista e scribacchino. L´umanità e l´Unità le saranno grate eternamente».

Curiosamente la e-mail mi è giunta mentre una collega - che preparava un pezzo sul cambiamento in questo giornale -, mi chiedeva: «Ma temi la normalizzazione de l´Unità?».

La mia risposta meravigliata è stata che a me questa Unità appare un giornale normale. Un normale, intransigente, preciso giornale di opposizione. La storia del suo e del nostro futuro è tutta qui, fra questa «normalità», la descrizione di Nadia Urbinati e la e-mail che ho trascritto e che offre una bella testimonianza del ferreo contenitore culturale in cui ci hanno indotti a vivere. Non resta che attendere il nuovo giornale.

La satira dove è libera - Steve Jobs






martedì 5 agosto 2008

Giovedì gnocca!






Marco Travaglio, l'Unità, 3 agosto


Questo è un elogio sperticato a Silvio Berlusconi. Una dichiarazione, se non d’amore, di ammirazione totale, sincera e incondizionata al politico più trasparente che l’Italia abbia mai avuto. Più trasparente e più frainteso.
Lui fa di tutto per mostrarsi per quello che è. E quelli che gli stanno intorno fanno a gara a scambiarlo per un altro.

Così l’altroieri, stufo dei continui equivoci che lo gabellano ora per uno statista, ora per un riformatore, ora per un cultore del dialogo sulla giustizia e sulla legge elettorale, ora per un marito modello e un padre esemplare, ha voluto smentirli tutti insieme mostrando ai fotografi l’agenda di una sua giornata-tipo a Palazzo Chigi (quella di mercoledì 30 luglio). Una sorta di auto-intercettazione in diretta: non potendo più esser processato grazie all’auto-immunità, ha pensato bene di auto-intercettarsi, divulgando il calendario della dura vita da premier (“Vedete come mi fanno lavorare!?”). “Berlusconi ­ diceva Montanelli - non delude mai: quanto ti aspetti che faccia una scempiaggine, la fa”. Ma sempre oltrepassando le peggiori aspettative. Non si riesce mai a pensarne abbastanza male: lui riesce sempre a trasformare il più accanito detrattore in un ingenuo minimalista. L’Agenda del Presidente è doppia, nel solco della tradizione di Milano2, della P2, di Olbia2 e prossimamente di Arcore2.

L’Agenda 1, curata dal suo staff, è riconoscibile da due caratteristiche: è scritta al computer e contiene appuntamenti con soggetti di esclusivo sesso maschile, in genere molto noiosi (Schifani, Letta, Fini, Scajola).

Nell’Agenda 2 invece, annotata di Suo pugno, gran preponderanza del genere femminile. Pochissimi i maschi, perlopiù avvocati (Ghedini) o pregiudicati (Bossi e Previti). Col vecchio Cesarone, che si ripropone sempre come la peperonata, l’appuntamento è alle ore 16. Seguono un paio d’ore di assoluto relax con “Manna”, nel senso di Evelina, la grande attrice oggetto di frenetiche trattative con Saccà; e poi con “Troise”, nel senso di Antonella, la nota artista anch’essa raccomandata a Raifiction perché stava “diventando pericolosa” (s’era messa a parlare). Così ritemprato dal doppio incontro al vertice, il premier ha potuto affrontare alle 19 un altro summit: con Nunzia Di Girolamo, la procace neodeputata di 32 anni, già destinataria di pizzini amorosi in pieno emiciclo. Completa la giornata dell’insigne latrin lover, alle 20.30, una tipa dal nome più che promettente: Selvaggia. Manca la Carfagna, ma è anche vero che la settimana è fatta di sette giorni e questo è solo il programma del mercoledì. Segue il giovedì (gnocca).

Chi aveva pensato di agevolargli il Lodo Alfano perché “un primo ministro non ha tempo per governare e seguire i processi”, è servito: ora che è libero dai processi, egli si dedica come prima e più di prima al suo passatempo preferito. Che non è proprio quello di governare. Così la stampa della servitù, tipo “Chi” e “Il Giornale”, la pianterà finalmente di screditarlo con quelle umilianti foto della Sacra Famiglia piccolo-borghese, lui mano nella mano con Veronica e tutto il cucuzzaro riunito intorno al focolare. Marito esemplare un par di palle, lui riceve anche quattro ragazze al giorno, alla facciazza dei bacchettoni che gli ronzano intorno. Ce n’è anche per la cosiddetta opposizione che astutamente ha smesso da un pezzo di ricordargli il conflitto d’interessi perché pare brutto demonizzare. Ad essa ha dedicato un paio di appuntamenti: quello col produttore di Endemol Marco Bassetti e quello con il consigliere Rai Marco Staderini (Udc), incerto fino all’altroieri sul caso Saccà. Come a dire: lo vedete o no che continuo a occuparmi delle mie tv, Mediaset e soprattutto Rai?
Devo proprio insegnarvelo io come si fa l’opposizione?

Completa il papello una noticina autografa a pie’ di pagina: “Il Presidente N°1. Al Presidente con più vittorie/più vittorioso nella storia del calcio. Milan A.C. Campione del Mondo. N°1 nella storia del calcio”.
Se l’è scritto da solo: un caso di auto-training vagamente inquietante, almeno dal punto di vista psichiatrico. In compenso, nemmeno un cenno ai temi che tanto appassionano il resto, cioè la parte inutile, del mondo politico e della stampa al seguito: dialogo sulle riforme, modello alla tedesca corretto all’austro-ungarica, bicameralismo imperfetto, federalismo fiscale, simposii e seminari delle fondazioni, patti della spigola sulla “fase costituente”.
Lui non ha tempo per simili menate. “Ore 16, Previti”. Poi “Manna-Troise”. La sua Bicamerale. La sua fase ricostituente.

giovedì 31 luglio 2008

Le democrazie e il Lodo Orwell



Ehud Olmert, sospettato di corruzione
e per questo al centro di diverse inchieste di polizia, ha detto questa sera a Gerusalemme che si dimetterà da primo ministro israeliano una volta scelto il suo successore. Il premier ha annunciato la sua decisione nel corso di un breve discorso televisivo nel quale ha elencato l'opera positiva svolta dal suo governo in diversi campi e si è detto "orgoglioso di essere cittadino di un paese in cui anche un primo ministro può essere indagato dalla polizia come un semplice cittadino".

Esercizio importante: trovare la differenza con le dichiarazioni (e i fatti) dell'altro primo ministro che si è appena fatto approvare il
"Lodo Orwell" (come lo chiama Antonio Tabucchi) per sfuggire alla sentenza nei 4 (quattro) processi su di lui pendenti.

E' la differenza che passa tra una democrazia e una dittatura.

La strana malattia del Dottor Morte

dal sito www.19luglio1992.com

Come ha insegnato il medoto Previti-Dell'Utri: tirare alle lunghe il processo, perchè: la prescrizione è una garanzia, le carte possono perdersi o prendere fuoco, i testimoni ed i giudici possono morire. Inoltre se si è avanti con l'età il tirarla alla lunghe garantisce poi di denunciare un "accanimento" contro un povero anziano!
Se vieni comunque condannato e scatta la detenzione in carcere (anche per gravissimi reati, naturalmente e soprattutto!) iniziare uno sciopero della fame ad oltranza, affermando che il cibo non è compatibile con la vostra dieta...
Una volta che state male, il vostro legale e familiari, possibilmente con giornalisti e politici (questi sono sempre disponibili davanti alle "colpe" dei giudici che condannano), lancino appelli alla grazia per ragioni umanitarie. Si punti soprattutto su: non si può far morire un uomo in carcere, così anche per chi è condannato all'ergastolo si possono aprire le porte della libertà, lo ha detto anche un Ministro della Giustizia - con sua moglie - "Non si può vedere morire qualcuno in carcere!".
Se non dovesse funzionare, magari perché cade il Governo con il Ministro della Giustizia "più vicino ai detenuti che ai magistrati", insistete, non datevi per vinti e puntate su un fatto: le carceri sono sovraffollate e soprattutto insistere che il detenuto sta molto male (naturalmente omettere di dire che si rifiuta di mangiare).

Tenta una, due, tre volte, si passi a chiedere non più la "grazia" ma il diritto all'eutanasia. Qui attenzione, deve essere una proposta mordi e fuggi, non sia mai che dovesse venire accolta. Ed intanto si chieda la revisione del processo, con ricusazione anticipata dei giudici.
Quando questi rigetteranno la richiesta di revisione e la Cassazione conferma, urlate al complotto delle toghe politicizzate (rosse o nere, a seconda del caso), accusate la magistratura di essere politicizzata, e poi potete sempre ricordare che voi avevate anticapatamente presentato "ricusazione" dei giudici. Se non siete il Presidente del Consiglio, della Repubblica, del Senato o della Camera, non vi preoccupate... troverete la loro solidarietà anche se non possono applicare al vostro caso il "lodo" (ma c'è sempre speranza!)

Intanto procedete una volta alla settimana a richiedere al Tribunale di Sorveglianza il deferimento della pena per ragioni di salute. Ad ogni scarcerazione e trasferimento in Ospedale denunciate pubblicamente il complotto dei "medici" (e la certa manomissione delle attrezzature utilizzate per le analisi) che dichiarano che non ci siano pericoli di vita e che non vi è incompatibilità con la detenzione carceraria.

Andate avanti così, prima o poi qualcuno ci cade....

domenica 27 luglio 2008

Luglio 1992 - Luglio 2008: la chiusura del cerchio.


Come ogni anno, è stato ricordato con falsi salamelecchi pubblici l'anniversario della strage di via D'Amelio, in cui persero la vita Paolo Borsellino e i cinque agenti della scorta.

Al di là delle manifestazioni di facciata, però, quest'anno c'è stata un po' di sostanza in più.
Innanzi tutto, il CSM (sì, proprio quell'organo presieduto da Morfeo Napolitano che non ha ancora finito di mettere in croce De Magistris e Forleo) ha nominato Alberto Di Pisa procuratore della repubblica di Marsala, proprio nella carica che fu di Borsellino. Alberto Di Pisa è accusato di essere il "corvo" che agli inizi degli anni '90 tentò con lettere anonime di delegittimare il pool antimafia, e rilasciò dichiarazioni vergognose contro i colleghi magistrati di Palermo, che poi fecero la fine che fecero.Tanto per chiudere il cerchio.

Poi, per completare le celebrazioni dell'anniversario, è stato scarcerato Bruno Contrada (per motivi di salute). Contrada è uno dei pochi pezzi dello Stato in galera per le connessioni riconosciute con Cosa Nostra. Leggiamo in proposito Salvatore Borsellino, fratello di Paolo:

"Pochi minuti fa mi è arrivata la notizia della scarcerazione di Contrada, sotto la forma di arresti domiciliari per motivi di salute.
Non posso accettarla, il mio animo si rivolta, il constatare che agli assassini di mio fratello non è bastato ucciderlo ma che stanno anche completando l'opera mi ripugna, mi sconvolge.
Ho voglia di farmi giustizia con le mie mani dato che la Giustizia in questo nostro sciagurato paese non esiste più.
Paolo considerava Contrada un assassino e lo stesso lo considero io e per gli assassini non ci può essere ne perdono ne pietà.
Non è una mia idea, Paolo disse più di una volta ai suoi familiari parlando di Contrada "solo a fare il nome di quell'uomo si può morire".
Contrada era in carcere, il solo finora a pagare per quei pezzi deviati dello Stato che con la criminalità mafiosa hanno trattato e per portare avanti questa trattativa hanno fatto uccidere Paolo Borsellino e con lui tutta la sua scorta, ragazzi mandati a morire senza nessuna difesa ne possibilità di salvezza da chi sapeva che il carico di tritolo, anzi di Semtex, l'esplosivo usato per le stragi di Stato, era già stato depositato in Via D'Amelio.
Contrada era un simbolo, il simbolo di una Giustizia che qualche volta, solo qualche volta, riesce ad inchiodare i colpevoli.
Adesso quelli che lui ha servito e che sono rimasti fuori dalla galera, che non sono mai stati finora indagati perchè i pochi giudici che hanno tentato di farlo sono stati subito ridotti al silenzio, come ha detto l'altro giorno il giudice Scarpinato al Palazzo Steri di Palermo, sono riusciti a tirarlo fuori come gli avevano promesso per evitare che potesse parlare e trascinare in galera anche loro.
Avrei potuto accettare che finisse i suoi miseri giorni a casa sua, se anche gli altri avessero pagato, se fossero partite quelle indagini che non andranno mai avanti sui mandanti occulti della strage, su quelli che non si possono chiamare "mandanti esterni" perchè sono "interni" allo Stato ed alla stessa magistratura.
Ma, come disse Sciascia, "lo stato non può processare se stesso" e quello che c'era scritto sull'Agenda Rossa di Paolo permette di tenere in piedi una rete di ricatti che consente di mettere tutte le pedine al posto giusto, di manovrare i pezzi necessari, ed arrivare alla fine della partita.
Se venissero portate a rermine le indagini sulle telefonate partite dal centro del Sisde sul Castello Utveggio, Contrada ed tanti altri insieme a lui potrebbero andare in carcere non per concorso esterno in associazione mafiosa ma per concorso in strage e forse sarebbe allora più difficile tirarli fuori dal carcere, sarebbe più difficile concedere anche a loro l'immunità come per le alte cariche dello Stato, se ne potrebbe salvare uno ma non tutti.
Ho eliminato dal mio vocabolario due parole, la speranza ma anche la disillusione, lo scoraggiamento.
Ce ne sono rimaste solo due la parola rabbia e la parola lotta e a gridare la mia rabbia e a lottare continuerò finche avrò voce, finchè avrò vita.
"

Dialogo sì, no, ma anche...

venerdì 18 luglio 2008

Il tragico governo del Padrone

da La Stampa di oggi:

Decurtato lo stipendio ai lavoratori che si ammalano, multe salatissime a quelli che muoiono. (Jena)

lunedì 14 luglio 2008

Esercizio di logica

Ieri un sondaggio di Mannheimer sul Corriere della Sera ha rivelato che il 48% degli elettori del PD sono d'accordo con Di Pietro e la manifestazione di Piazza Navona, mentre il 39% - sempre degli elettori del PD - sono d'accordo con Veltroni che l'ha bocciata.

Un anno fa, alle primarie per la leadership del PD venne escluso Di Pietro, che pure aveva presentato regolare domanda.

A un anno di distanza, c'è ancora qualcuno che si chiede il perché?


venerdì 11 luglio 2008

Oportet ut scandala eveniant

Vanna Lora, docente di storia e sapiente di molto altro, mi onora con questo articolo per il blog. Lo potete trovare anche su www.19luglio1992.com. Da leggere più volte! A.

"Oportet ut scandala eveniant.
Barbara Spinelli ha aderito alla manifestazione di Piazza Navona scrivendo: “È urgente che esista la pietra dello scandalo.
È urgente che un risveglio avvenga, anche se di pochi, perché la narcosi delle menti, del linguaggio, della visione, delle memorie è vasta e progredisce.”

E lo scandalo è avvenuto. Ma non quello che si augurava Spinelli, né quello che si auguravano gli 80 mila (o 100 mila) partecipanti alla manifestazione.
Lo scandalo denunciato sul palco da Paolo Flores D’Arcais, Francesco Pardi, Antonio Di Pietro, Moni Ovadia, Marco Travaglio e gli altri di cui avrete ascoltato le parole accalorate e indignate, dalla piazza o dal web o dalle tv collegate: lo scandalo di un Berlusconi “rivoluzionario”, come l’ha definito Ezio Mauro, direttore di Repubblica. Rivoluzionario perché estraneo alla democrazia, alla divisione dei poteri, al controllo di legalità, rivoluzionario perché si pone come un principe rinascimentale, legibus solutus, tiene in ostaggio il Parlamento perché si occupi esclusivamente dei suoi problemi giudiziari e ricatta l’opposizione, prima blandendola e poi azzannandola. Alla maniera di un estorsore mafioso, come ha ben osservato Marco Travaglio.

No, lo scandalo che tutta la stampa allineata (con la lodevole eccezione de Il Manifesto di ieri) ha denunciato è quello nato dalle parole di un comico e di un’attrice satirica.
In ombra, dimenticato, tutto quel che si consuma al governo contro la Costituzione e lo Stato di diritto.
Non se ne parla, né ieri né oggi. Non sta succedendo nulla, tranne l’offesa supposta ad una ministra di dubbi meriti e, si scrive, al Capo dello Stato e al Papa.

Io c’ero, in quella piazza. La satira non mi offende, mi diverte. Il capo dello Stato si può criticare: anch’io ho nostalgia di Scalfaro, che è stato un Padre Costituente e così lo ricordiamo oggi: più per la difesa intransigente della Costituzione che per la sua militanza politica.
Si può dire che preferiremmo che il Presidente della Repubblica non firmasse una legge che 100 costituzionalisti hanno denunciato come contraria alla Carta? Certo che si può: lo garantisce l’articolo21 della Costituzione.
Si può far satira sul Papa? Basta collegarsi ad un canale satellitare spagnolo e vedrete se si può, in uno dei Paesi più cattolici del mondo.
Queste sono sciocchezze, ipocrisie, scandalo da educande. Montate ad arte per non costringersi a vedere l’immonda oscenità che ci sta ammorbando tutti. Per non vedere, per non resistere, per arrendersi meglio. Per farsi fottere con la vaselina, se si consente anche a me un po’ di volgarità, nel Paese dove tv commerciale e affari di Stato si mescolano con spudoratezza esibita.

Si può dire che l’opposizione si è opposta così poco da regalarci il terzo governo Berlusconi? Si può, si deve dire, nel Paese dove chi perde le elezioni non si dimette mai e dove gli stessi personaggi che trattarono Berlusconi da neo-costituente son tutti ancora lì e non si son nemmeno ravveduti.

La stampa allineata ieri fingeva di scandalizzarsi per Sabina Guzzanti e oggi, trovato l’ago nel pagliaio, l’ago che si voleva trovare ad ogni costo, rivela l’intenzione già maturata prima della manifestazione e contro centinaia di migliaia di persone. Lo fa dalle pagine di un giornale semiclandestino, che nessuno legge: Europa. Che rovescia l’urlo di Moretti del 2002 addosso al palco e addosso alle persone, PERSONE, andate lì ad esprimere il loro allarme, la loro indignazione e l’amore per una democrazia ridotta al pasto del Caimano. “Con questa gente non vinceremo mai”. “Gente”, capito? Folla, anonimi, signori nessuno. E ancora: “con questi elettori non vinceremo mai”. Ostracismo e anatema non solo nei confronti degli oratori, ma anche dei cittadini elettori. La soluzione sarebbe forse privare della libertà di parola gli oratori e del diritto di voto gli elettori? Che sogno! La Santa Inquisizione e le purghe staliniste in un colpo solo. Il dissidente come eretico, dagli all’untore, sono loro i colpevoli. I Giellisti delXXI secolo. Ricordate i Rosselli? E quanto tempo c’è voluto per stabilire la verità sul loro assassinio? C’è mancato poco che se ne parlasse come di un suicidio. Per molto tempo si scrisse di una vendetta tra “rossi”. Ma la verità era un’altra.
Qui, oggi, l’osceno è a Palazzo Chigi, non in Piazza Navona.
E tornano, quelli che già trattarono i girotondi con disprezzo. Ma perché? Si chiedeva l’altra settimana la Spinelli. Che cosa avevano mai fatto di terribile, se non tenere alta l’attenzione su quel che stava accadendo?
Si vede che i cittadini che hanno a cuore la democrazia disturbano i manovratori e quelli che si fanno manovrare.
“Vis grata puellae”. Pare che gradiscano.
Un suggerimento è rivolto anche a L’Unità: fuori Travaglio e quelli come lui. Detto dall’autorevole (?) Europa è un monito che spaventa.
Un cadavere che vorrebbe dettar la linea ad un giornale di cui invidia il successo e le firme.
E last but not least, oggi D’Alema detta la sua dottrina a…un giornale di sinistra? Nossignori, al Foglio, di proprietà della (seconda) signora Berlusconi.
E’ la ciliegina sulla torta. Anzi, la goccia d’assenzio finale."

Piazza Navona: testimonianza oculare

Un'amica che ringrazio era a Piazza Navona martedì, e ci ha inviato le sue impressioni sulla manifestazione. Guarda il caso, non coincidono con la vulgata dei massmedia italici.


"Impressioni? Sicuramente diverse da quelle che ho sentito ai telegiornali ieri sera, perché - a parte la Guzzanti che è andata giù pesante contro il Vaticano - non mi sembra di aver sentito nessuna accusata infamante contro il Capo della Repubblica (...Morfeo..? mi sembra un appellativo innocuo) e la Carfagna (che si commenta da sola). Piuttosto, le critiche sono state distribuite, in maniera piuttosto equa, sia all'attuale Governo che all'opposizione (..io nemmeno più li definisco destra e sinistra).

Ho apprezzato molto Camilleri (mi ha ricordato i sonetti di Belli) e la Borsellino (come saprai, li puoi ascoltare dal sito di MicroMega).... a Di Pietro è bastato leggere la relazione che accompagna il provvedimento salva Premier&CO ("serve a garantire serenità alle più alte cariche dello Stato") per farmi accapponare la pelle... eppure non riesco a capire come la maggioranza degli italiani non reagisca, forse semplicemente perchè tutti, al suo posto, farebbero lo stesso...E quindi, il mio sconforto cresce...

giovedì 10 luglio 2008

Quel che non si può dire su Piazza Navona

Lettera aperta di Marco Travaglio a l'Unità

Caro Direttore,
quando tutta la stampa (Unità compresa), tutte le tv e persino alcuni protagonisti dicono la stessa cosa, e cioè che l’altroieri in Piazza Navona due comici (Beppe Grillo e Sabina Guzzanti) e un giornalista (il sottoscritto) avrebbero “insultato” e addirittura “vilipeso” il capo dello Stato italiano e quello vaticano, la prima reazione è inevitabile: mi sono perso qualcosa? Mi sono distratto e non ho sentito alcune cose - le più gravi - dette da Beppe, da Sabina e da me stesso? Poi ho controllato direttamente sui video, tutti disponibili su You Tube e sui siti di vari giornali, ma non vi ho ritrovato ciò che è stato scritto e detto da tv e giornali.

Nessuno ha insultato né vilipeso Giorgio Napolitano né Benedetto XVI. Nessuno ha “rovinato una bella piazza”. È stata, come tu hai potuto constatare de visu, una manifestazione di grande successo, sia per la folla, sia per la qualità degli interventi (escluso ovviamente il mio). Per la prima volta si sono fuse in una cinque piazze che finora si erano soltanto sfiorate: quella di Di Pietro, quella di molti elettori del Pd, quella della sinistra cosiddetta radicale, quella dei girotondi e quella dei grillini, non sempre sovrapponibili. E un minimo di rigetto era da mettere in conto. Ma è stata una bella piazza plurale, sia sotto che sopra il palco: idee, linguaggi, culture, sensibilità, mestieri diversi, uniti da un solo obiettivo. Cacciare il Caimano. Le prese di distanze e i distinguo interni, per non parlare delle polemiche esterne, sono un prodotto autoreferenziale del Palazzo (chi fa politica deve tener conto degli alleati, delle opportunità, degli elettori, di cui per fortuna gli artisti e i giornalisti, essendo “impolitici”, possono tranquillamente infischiarsi). La gente invece ha applaudito Grillo e Sabina come Colombo (anche quando ha chiesto consensi per Napolitano), Di Pietro, Flores e gli altri oratori, ma anche i politici delle più varie provenienze venuti a manifestare silenziosamente. Applausi contraddittorii, visto che gli applauditi dicevano cose diverse? Non credo proprio. Era chiaro a tutti che il bersaglio era il regime berlusconiano con le sue leggi canaglia, compresi ovviamente quanti non gli si oppongono.

Come mai allora questa percezione non è emersa, nemmeno nei commenti delle persone più vicine, come per esempio te e Furio? Io temo che viviamo tutti nel Truman Show inaugurato 15 anni fa da Al Tappone, che ci ha imposto paletti (anche mentali) sempre più assurdi e ci ha costretti, senza nemmeno rendercene conto, a rinunciare ogni giorno a un pezzettino della nostra libertà. Per cui oggi troviamo eccessivo, o addirittura intollerabile, ciò che qualche anno fa era normale e lo è tuttora nel resto del mondo libero (dove tra l’altro, a parte lo Zimbabwe, non c’è nulla di simile al governo Al Tappone). In Italia l’elenco delle cose che non si possono dire si allunga di giorno in giorno. Negli Stati Uniti, qualche anno fa, uscì senz’alcuno scandalo un libro di Michael Moore dal titolo «Stupid White Man» (pubblicato in Italia da Mondadori...), tutto dedicato alle non eccelse qualità intellettive del presidente Bush. Da dieci anni l’ex presidente Clinton non riesce a uscire da quella che è stata chiamata la «sala orale». In Francia, la tv pubblica ha trasmesso un programma satirico in cui un attore, parodiando il film «Pulp Fiction» in «Peuple fiction», irrompe nello studio del presidente Chirac, lo processa sommariamente per le sue innumerevoli menzogne, e poi lo fredda col mitra. A nessuno è mai venuto in mente di parlare di «antibushismo», di «anticlintonismo», di «antichirachismo», di «insulti alla Casa Bianca» o di «vilipendio all’Eliseo». Tanto più alta è la poltrona su cui siede il politico, tanto più ampio è il diritto di critica e di satira e anche di attacco personale. Quelli che son risuonati l’altroieri in piazza Navona non erano «insulti». Erano critiche. Grillo, insolitamente moderato e perfino affettuoso, ha detto che «a Napolitano gli voglio bene, ma sonnecchia come Morfeo e firma tutto», compreso il via libera al lodo Alfano che crea una «banda dei quattro» con licenza di delinquere. Ha sostenuto che Pertini, Scalfaro e Ciampi non l’avrebbero mai firmato (sui primi due ha ragione: non su Ciampi, che firmò il lodo Schifani). E ha ricordato che l’altro giorno, mentre Napoli boccheggia sotto la monnezza, il presidente era a Capri a festeggiare il compleanno con la signora Mastella, reduce dagli arresti domiciliari, e Bassolino, rinviato a giudizio per truffa alla Regione che egli stesso presiede. Tutti dati di fatto che possono essere variamente commentati: non insulti o vilipendi. Io, in tre parole tre, ho descritto la vergognosa legge Berlusconi che istituisce un’«aggravante razziale» e dunque incostituzionale, punendo ­ per lo stesso reato - gli immigrati irregolari più severamente degli italiani, e mi sono rammaricato del fatto che il Quirinale l’abbia firmata promulgando il decreto sicurezza. Nessun insulto: critica.

Veltroni sostiene che io avrei «insultato» anche lui, e che «non è la prima volta». Lo invito a rivedersi il mio intervento: nessun insulto, un paio di citazioni appena; per il resto la cronistoria puntuale dell’ennesima resurrezione di Al Tappone dalle sue ceneri grazie a chi ­ come dice Furio Colombo ­ «confonde il dialogo con i suoi monologhi». Sono altri dati di fatto, che possono esser variamente valutati, ma non è né insulto né vilipendio. O forse il Colle ha respinto al mittente qualche legge incostituzionale, e non me ne sono accorto? Sono o non sono libero di pensare e di dire che preferivo Scalfaro e i suoi no al Cavaliere? Oppure la libertà di parola, conquistata al prezzo del sangue dai nostri padri, s’è ridotta a libertà di applauso? Forse qualcuno dimentica che quella c’è anche nelle dittature. È la libertà di critica che contraddistingue le democrazie. Se poi a esercitarla su temi quali la laicità, gli infortuni sul lavoro, l’ambiente, la malafinanza, la malapolitica, il precariato, la legalità, la libertà d’informazione sono più i comici che i politici, questa non è certo colpa dei comici.

Poi c’è Sabina. Che ha fatto, di tanto grave, Sabina? Ha usato fino in fondo il privilegio della satira, che le consente di chiamare le cose con il loro nome senza le tartuferie e le ipocrisie del politically correct, del politichese e del giornalese: ha tradotto in italiano, con le parole più appropriate, quel che emerge da decine di cronache di giornale sulle presunte telefonate di una signorina dedita ad antichissime attività con l’attuale premier, che poi l’ha promossa ministra. Enrico Fierro ha raccolto l’altro giorno, su l’Unità, i pissi-pissi-bao-bao con cui i giornali di ogni orientamento, da Repubblica al Corriere, dal “Riformatorio” financo al Giornale, han raccontato quelle presunte chiamate (con la “m”). Ci voleva un quotidiano argentino, il Clarin, per usare il termine che comunemente descrive queste cose in Italia: «pompini», naturalmente di Stato. Quello di Sabina è stato un capolavoro di invettiva satirica, urticante e spiazzante come dev’essere un’invettiva satirica, senza mediazioni artistiche né perifrasi. Gli ignorantelli di ritorno che gridano «vergogna» non possono sapere che già nell’antica Atene, Aristofane era solito far interrompere le sue commedie con una «paràbasi», cioè con un’invettiva del corifeo che avanzava verso il pubblico e parlava a nome del commediografo, dicendo la sua sui problemi della città. Anche questa è satira (a meno che qualcuno non la confonda ancora con le barzellette). Si dirà: ma Sabina ha pure mandato il papa all’inferno. Posso garantire che, diversamente da me, lei all’inferno non crede. Quella era un’incursione artistica in un genere letterario inaugurato, se non ricordo male, da Dante Alighieri. Il quale spedì anticipatamente all’inferno il pontefice di allora, Bonifacio VIII, che non gli piaceva più o meno per le stesse ragioni per cui questo papa non piace a lei e a molti: le continue intromissioni del Vaticano nella politica. Anche Dante era girotondino? Il fatto è che un vasto e variopinto fronte politico-giornalistico aveva preparato i commenti alla manifestazione ancor prima che iniziasse: demonizzatori, giustizialisti, estremisti, forcaioli, nemici delle istituzioni, e ovviamente alleati occulti del Cavaliere. Qualunque cosa fosse accaduta, avrebbero scritto quel che hanno scritto. Lo sapevamo, e abbiamo deciso di non cedere al ricatto, parlando liberamente a chi era venuto per ascoltarci, non per usarci come pedine dei soliti giochetti. Poi, per fortuna, a ristabilire la verità sono arrivati i commenti schiumanti di Al Tappone e di tutto il centrodestra: tutti inferociti perché la manifestazione spazza via le tentazioni di un’opposizione più morbida o addirittura di un inciucio sul lodo Alfano (ancora martedì sera, a Primo Piano, due direttori della sinistra «che vince», Polito e Sansonetti, proclamavano in stereo: «Chi se ne frega del lodo Alfano»). La prova migliore del fatto che la manifestazione contro il Caimano e le sue leggi-canaglia è perfettamente riuscita.

L'Unità, 10 luglio 2008

martedì 8 luglio 2008

Il pizzo di Berlusconi

Marco Travaglio:

In Sicilia, quando un cittadino non si piega, gli tagliano le gomme della macchina. Se capisce, bene. Se non capisce, gli fanno saltare la macchina. Se capisce, bene. Se non capisce gli mettono anche una bomba carta alla serranda del negozio. Se poi il tipo non vuole saltare assieme al negozio con tutta la sua famiglia, deve accettare
il dialogo. Solo che in Sicilia si chiama “pizzo”, si chiama racket, si chiama estorsione. Arrivano uomini del dialogo e gli fanno una proposta. Gli dicono di aver saputo degli attentati, di essere molto dispiaciuti e gli offrono protezione. Da chi? Da loro stessi. Sono loro che mettono le bombe e loro che offrono protezione, da sé stessi. Il dialogo ha un prezzo. È una tangente, un pizzo. Il commerciante dovrà pagare un tot al mese agli estorsori per evitare ulteriori guai.

Alla fine, se paga, che cosa ha vinto? Ha vinto la mafia, non ha vinto lui. Non ha vinto il dialogo. Ha vinto la violenza.


Trasferite questo sistema di operare a Roma. A Roma succedono le stesse cose, soltanto che cambiano le parole. C’è un signore che arriva al potere e immediatamente comincia a rovinare la giustizia, a sfasciare tutto. Presenta una legge per far saltare 100.000 processi, perché ne ha uno anche lui. Poi ne fa un’altra che impedisce ai magistrati di fare le intercettazioni e di scoprire i reati, e di scoprire le prove per incastrare i colpevoli di quei reati. Poi va in televisione dice che se non si scoprono i colpevoli dei reati è colpa della magistratura che è una metastasi, che è politicizzata, che è un cancro. È colpa dei giudici che sono dei fannulloni. È colpa dei giudici che si occupano solo di lui. È colpa dei giudici che sono antropologicamente diversi dalla razza umana che sono dei matti, che sono psicolabili, che sono golpisti, che sono fascisti, che sono terroristi. E che non a caso, nei sondaggi, la loro credibilità diminuisce. I magistrati a questo punto alzano le braccia. Ma ciò non basta. Lui a questo punto fa una legge, ma questa la fa presentare da Tremonti, che taglia i fondi per la giustizia, fino al 40%. 10% il primo anno, 20% il secondo, e poi taglia anche gli stipendi ai magistrati, che già sono pagati un terzo, un quarto, un quinto di quanto è pagato un piccolo manager di una piccola azienda.

A questo punto, dopo averli prostrati e ridotti alla rovina,
si manifesta qualcuno che offre il dialogo. E dice: “eh, abbiamo saputo che vi stanno impedendo di fare il vostro lavoro, di fare i vostri processi, di fare le intercettazioni, vi stanno impedendo di scoprire i reati; vi insultano. Volete il dialogo? Cifra modica: si chiama Lodo Alfano. Se voi vi dimenticate i processi al Presidente del Consiglio, se vi dimenticate – o le lasciate evaporare, o le mangiate o le bruciate, o le cestinate – le intercettazioni del Presidente del Consiglio (intercettazioni indirette, non è lui che viene intercettato, sono di solito dei mascalzoni con i quali lui è solito parlare, perché sono tutti amici suoi). Bene, se accettate di pagare questa modica cifra, questa sommetta, allora arriva il dialogo: gli altri processi ve li facciamo fare, le intercettazioni ve le lasciamo fare, magari non vi tagliamo nemmeno gli stipendi e non vi tagliamo nemmeno i fondi. Magari assumiamo anche qualche cancelliere. Magari paghiamo anche la benzina per le volanti che devono andare a fare le indagini, con sopra i poliziotti. Dipende da voi. Dialogate, o volete lo scontro?”

Ecco, una tecnica estorsiva che a Palermo si chiama racket, a Roma si chiama dialogo. Alla fine, se i magistrati cedono, chi ha vinto? Hanno vinto loro, ha vinto il dialogo? Ha vinto la distensione? Ha vinto la pace?
Ha vinto l’estorsore, che politicamente parlando, in questo caso, è il nostro Presidente del Consiglio. Il nostro Presidente del Consiglio che ne sta combinando una al giorno, quando non ne combina due, e che ha bisogno di nascondere questa realtà agghiacciante che sotto gli occhi di tutti, ma che nessuno vede – anche perché molti giornalisti e molti commentatori fanno finta di non vederla.

Esattamente come molti intellettuali facevano finta di non vedere il fascismo alle sue origini. E sono stati ricordati nei libri di storia perché era quelli che parlavano d’altro, erano
quelli che dicevano di non esagerare. Quelli che dicevano che bisognava dialogare con Mussolini. Erano quelli che dicevano: “ma insomma, anche lui farà delle cose buone. Ma insomma, certo è un po’ rude, però ha anche il suo consenso. Ha preso i voti.” Ecco, sono questi che verranno ricordati nei libri di storia per non aver fatto nulla e per non aver fatto nulla in una fase come questa. Sono loro i principali alleati del regime.

(continua su beppegrillo.it)

sabato 5 luglio 2008

domenica 29 giugno 2008

Il Re (Magnaccia) è nudo!



Ascolta l'audio delle dichiarazioni di Di Pietro!

Le verginelle del Corriere, della Stampa e del Messaggero, del Tg1 e del Tg3 sono arrossite dalla vergogna. Magnaccia al capo del governo? Non si può dire, anche se è vero. Quindi, giri di parole a non finire e - nel titolo di testa dei tre quotidiani, ampiamente accompagnati - non c'è: "Di Pietro: 'Berlusconi fa il magnaccia'". C'è invece: "Di Pietro insulta Berlusconi" e nel titolo del Tg3: "Bufera su Di Pietro".


Il rovesciamento della realtà da parte del giornalismo italiano (bene illustrato da Travaglio nel libro "La scomparsa dei fatti") sta raggiungendo vette epiche. Il problema è Di Pietro, mica 'il Magnaccia'.

Peccato che quando Berlusconi, pochi giorni fa, ha urlato che la Magistratura è "un cancro" e "una metastasi per la democrazia", nessuno abbia scritto "Berlusconi insulta la magistratura", nessuno abbia titolato "Bufera su Berlusconi".

Poi ci si stupisce che Al Tappone vince le elezioni e che i sondaggi mostrino consensi in crescita. La distorsione dei messaggi all'opinione pubblica è fondamentale. Berlusconi lo sa bene, e sa che ha ancora margini per aumentare i consensi.
Salvo che si cominci a dire - come fa bene Di Pietro - che "il re è nudo"...

Al Tappone Horror Picture Show



dal Financial Times:

OH NO, ANCORA!
Silvio Berlusconi è al potere in Italia da quasi 50 giorni. Vedere il suo nuovo governo in azione è un po’ come sedersi a guardare ancora una volta un vecchio brutto film. Quando il leader di Forza Italia governò l’Italia dal 2001 al 2006, investì troppo tempo a legiferare per proteggere se stesso dalle inchieste e troppo poco per riformare la stagnante economia italiana. Ovviamente è troppo presto per esprimere giudizi netti. Ma l’ultima uscita di Berlusconi al governo ha già i tratti di un nuovo show dell’orrore.

Ancora una volta il 71enne premier investe molta della sua energia politica a legiferare per proteggersi dagli inquirenti italiani. Vuole passare una legge che sospenderebbe per un anno la maggior parte di casi giudiziari i cui reati comportano più di dieci anni di condanna. Se questa legge passasse farebbe naufragare un processo fissato per il prossimo mese nel quale Berlusconi è accusato di aver pagato 600.000 dollari al suo avvocato britannico David Mills. L’opposizione – non c’è bisogno di dirlo - l’ha ribattezzata “legge salva premier”.

Berlusconi non si ferma qui. Sta anche cercando di introdurre una legge che darebbe immunità dalle inchieste giudiziarie alle più alte cariche dello Stato, incluso lui stesso.
Una legge siffatta sarebbe impensabile nella maggior parte dei paesi occidentali ed era stata ritenuta incostituzionale dalla Corte Costituzionale italiana l’ultima volta che Berlusconi cercò di introdurla nel 2004. Ora che Berlusconi è tornato al governo ci riprova.

Tutto ciò sarebbe di modesto interesse se Berlusconi spendesse la stessa energia per riformare la stagnante economia italiana. Ma pure su questo fronte i timori crescono. L’ultima volta che era al potere, uno dei peggiori errori fu di lasciare che il deficit e il livelli del debito uscissero fuori controllo. Ci si domanda se stiamo per assistere allo stesso scenario.


Il governo Berlusconi la scorsa settimana ha introdotto un piano finanziario che vedrà crescere il rapporto deficit pubblico/pil dall’1.9% del 2007 al 2,5% nel 2008. Un aumento che potrebbe essere giustificato dalla scarsa crescita economica, ma ancora non si vedono segnali che questo governo voglia mantenere una stretta sulla spesa pubblica.


Per il bene dell’Italia le cose devono migliorare da qui. Il paese ha uno dei tassi di crescita più lenti dell’eurozona. Ha bisogno di un’azione di governo seria e responsabile per far ripartire l’economia. Mercoledì scorso Berlusconi ha detto che i pm italiani l’hanno sottoposto ad un interminabile “calvario”. Ma l’unico calvario di questa vicenda è quello patito dall’Italia, che necessita di un drastico cambiamento del suo destino politico ed economico.

Copyright The Financial Times Limited 2008

(27 giugno 2008)

sabato 28 giugno 2008

Clementina, facci sognare!



Il CSM ha assolto Clementina Forleo da ogni addebito disciplinare per la richiesta di utilizzo delle intercettazioni di D'Alema-Fassino-La Torre e 3 di Forza Italia con i furbetti del quartierino. Un anno per seppellire la manovra a tenaglia della Casta che non può consentire che una persona libera come la Forleo faccia il lavoro che fa. Infatti, l'hanno tenuta impegnata per un anno a difendersi dalle accuse di "uso abnorme del potere del GIP".
Ha vinto lei, ma intanto "loro" hanno tenuto sotto scacco per un anno un magistrato non teleguidato.

E' però il caso di rallegrarci della conclusione della vicenda. Per far capire come tutto fosse già chiarissimo un anno fa, riporto uno stralcio di un articolo di Marco Travaglio del 25 luglio 2007.

"Sul caso Unipol-Bnl-Ds, che qualche furbetto seguita a chiamare “caso Forleo” (inesistente), si continua a raccontare un sacco di frottole. Si favoleggia che la gip Clementina Forleo si sia spinta al di fuori delle propria orbita, “anticipando una sentenza di condanna”. Ma, che almeno due dei tre esponenti Ds sorpresi al telefono con Giovanni Consorte non siano stati semplici “tifosi” della scalata Unipol alla Bnl, ma ben di più e di peggio, non lo dice solo la Forleo: lo dicono anzitutto gli stessi D’Alema e Latorre al telefono con Consorte.

Il 6 luglio 2006 Consorte ha il problema di accordarsi con il socio forte di Bnl, Francesco Gaetano Caltagirone, editore, costruttore, suocero di Casini e capofila dei “contropattisti” Ricucci, Coppola, Lonati, Statuto e Bonsignore. E dice a Latorre: “L'ingegnere (Caltagirone, ndr) e i suoi accoliti si sono defilati [...]. Io domani ho l'incontro con loro alle sei, alle otto ti chiamo e ti dico come va a finire”. Latorre, che in teoria sarebbe un parlamentare Ds e non un uomo d’affari, propone: “Ma che deve fare una telefonata Massimo (D'Alema, ndr) all'ingegnere (Caltagirone, ndr)?”. Consorte: “È meglio che Massimo fa una telefonata. Perché a questo punto se le cose non vengono fatte, si sa per colpa di chi”. L’indomani, puntualmente, Caltagirone e i contropattisti si accordano con Unipol. Missione compiuta. E’ “tifo” questo? E’ “informarsi”? O è partecipare a una scalata che i magistrati ritengono illecita (“disegno criminoso”), in quanto occulta, compiuta prima del lancio dell’Opa?

Qualche giorno dopo, 14 luglio 2005, D’Alema riparla con Consorte: “Ho parlato con Bonsignore, che dice cosa deve fare, uscire o restare un anno… Se vi serve resta (azionista della Bnl, ndr)… Evidentemente è interessato a latere in un tavolo politico”. Consorte: “Chiaro, nessuno fa niente per niente”. Ecco: trattare pacchetti azionari con un socio della Bnl come Vito Bonsignore, fra l’altro eurodeputato dell’Udc e pregiudicato per corruzione, in cambio di misteriosi e finora inspiegati “tavoli politici a latere” che cos’è? Tifare, informarsi, o partecipare – in palese conflitto d’interessi tra politica e affari - a una scalata che i giudici ritengono illegale in quanto occulta, compiuta prima del lancio dell’Opa?"